lunedì 11 marzo 2013

La vita dei NEO laureati, fra lavori in nero e stipendi minimi.



Altro che schizzinosi. I giovani italiani si danno da fare e accettano il lavoro che c'è. Anche a costo di diventare dei fantasmi, anche a costo di lavorare senza alcun contratto e a paghe sempre più basse. Per colpa della crisi, della paralisi del mercato del lavoro stagnante e di imprenditori intenzionati a portare indietro le lancette del tempo dei diritti e delle condizioni di impiego.

Quest'anno hanno cominciato a lavorare in nero il 12,5 per cento dei laureati a ciclo unico. Si tratta di tanti giovani, troppi. Ragazzi usciti dalle facoltà di medicina, giurisprudenza, architettura, farmacia, chimica o veterinaria. Giovani costretti a scomparire dalla vista degli istituti previdenziali e dei centri dell'impiego. Loro, per la pubblica amministrazione, non esistono. Non hanno cedolino, non hanno contributi, non hanno niente. 

Ma non basta, a loro si deve aggiungere anche un'altra bella fetta di giovani, ovvero il 7-8 per cento dei laureati di tutte le altre facoltà. Il fenomeno coinvolge in pari misura sia quelli che escono dai corsi triennali sia coloro che proseguono gli studi fino alla laurea magistrale. I dati sono contenuti nel XV Rapporto AlmaLaurea che ha coinvolto 400mila studenti, dei 64 atenei aderenti al consorzio, e analizzato la condizione occupazionale dei laureati. Il lavoro che non c'è. Per chi è uscito dalle facoltà italiane, anche questo è un anno difficile. Quale che sia il canale attraverso il quale si cerca impiego, e molti provano in più disparati modi, il risultato è spesso negativo. La disoccupazione tra i laureati triennali tocca il 22,9 per cento. Cinque anni fa era meno della metà (l'11,2 per cento). Rispetto all'anno scorso, il tasso è cresciuto del 3,5 per cento. Nei due anni precedenti, l'incremento era stato rispettivamente del 3,2 e dell'1,1 per cento. Tra i laureati specialistici i "senza lavoro" sono il 20,7 per cento (erano il 10,8 per cento cinque anni fa). Nel loro caso, nell'ultimo anno l'incremento rispetto all'anno scorso è stato meno accentuato (1,1 per cento). Il fenomeno cresce però anche tra gli specialistici a ciclo unico (medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza). Se l'anno scorso i disoccupati erano il 18,6 per cento, quest'anno sono il 20,8 per cento. Non solo neolaureati. Il Rapporto, che verrà presentato domani all'università Cà Foscari di Venezia e discusso da studiosi del mondo del lavoro e rappresentanti di istituzioni come Banca Mondiale e Unione per il Mediterraneo, mostra come il peggioramento non coinvolge solo i neolaureati. Anche chi è uscito dall'università già da qualche anno incontra difficoltà a trovare impiego in un mercato del lavoro sempre più asfittico.

Tra chi si è laureato da tre anni, la disoccupazione è arrivata a tassi superiori al dieci per cento. Le difficoltà dei giovani nel mercato del lavoro, certo, non sono peculiari del mercato italiano. I tassi di disoccupazione giovanile sono elevati in tutta Europa (31 per cento, dati Eurostat) e anche negli Usa il fenomeno sembra assumere aspetti sempre più preoccupanti tanto che il New York Times se ne è occupato approfonditamente in un recente articolo (dal titolo "The No-Limits Job") quando ha parlato del fenomeno delle assunzioni "22-22-22" (ventiduenni, al lavoro 22 ore al giorno con una paga di 22 mila dollari l'anno). Eppure, nonostante la sua diffusione mondiale, in Italia il fenomeno sembra avere caratteristiche tutte proprie. Facoltà umanistiche e scientifiche. Il rapporto, anche per questo, propone approfondimenti interessanti che fanno luce su alcuni specificità del caso italiano. Dal tema della diseguaglianza e della mobilità sociale tra i laureati fino alla questione della domanda e dell'offerta di competenze. Gli autori del rapporto sottolineano come la documentazione statistica non restituisca conferme alla lamentata presenza, da più parti, "di una distribuzione dei laureati per indirizzo di studi fortemente condizionata da scelte autoreferenziali del sistema universitario". 


Nell'indagine vengono restituiti alcuni esempi che sembrano smentire le tesi più diffuse. Primo esempio: In Italia nel 2010, Italia, la quota di immatricolati nel settore delle scienze umane e dell'educazione era pari al 19 per cento, più bassa sia della media dei paesi Ocse (21 per cento) sia del valore registrato nello stesso anno in Germania (il 23 per cento). Secondo esempio: un eccesso strutturale di domanda di laureati in ingegneria ad indirizzo informatico, allo stesso tempo, si dovrebbe tradurre in un aumento delle loro retribuzioni medie. Il contrario di quello che accade: tra il 2008 e il 2012, le retribuzioni reali registrate per questo gruppo di laureati si sono ridotte del 9 per cento.

Vischiosità del mercato e mobilità territoriale. Ma come si spiegano allora i numeri che spesso vengono pubblicati in molte indagini e mostrano il difficile reperimento di figure professionali tecniche? Per Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea, questo problema "appare un problema legato a scarsa informazione, vischiosità dei mercati del lavoro, elevati costi della mobilità geografica, canali e strumenti di reclutamento poco efficienti, più che a un deficit strutturale di offerta". D'altronde, una conferma che il ridotto assorbimento di laureati, e la ridotta valorizzazione della conoscenza, abbia a che vedere anche con le caratteristiche delle imprese è stata evidenziata dall'indagine Excelsior realizzata da Unioncamere e ministero del Lavoro.

Se si guarda alla stima delle assunzioni per il 2012, si scopre che su 407mila assunzioni, il 14,5 per cento riguarda i laureati mentre il 32,3 per cento è destinato a lavoratori senza alcuna formazione specifica. Senza dire che, come ribadiscono gli autori del rapporto di AlmaLaurea, la "propensione ad assumere laureati cresce significativamente con le dimensioni delle imprese e con il grado di internazionalizzazione e di innovatività di queste ultime". Sempre meglio laurearsi. Il rapporto evidenza, a ogni modo, come in Italia sia necessario fare di tutto per alzare la soglia educazionale e promuovere più ampiamente l'acceso all'università. Sia perché siamo ancora indietro rispetto agli altri paesi europei (solo il 17,6 per cento degli occupati in Italia ha una laurea rispetto a una media dell'Ue dei 27 che è pari al 29,1 per cento), sia perché i laureati, pur tra crescenti e nuove difficoltà, godono di un tasso di occupazione ancora più elevato (di oltre 12 punti percentuali) rispetto a tutti i diplomati.

FONTE: Repubblica: http://www.repubblica.it/scuola/2013/03/11/news/la_battaglia_dei_laureati_tra_lavoro_nero_e_paghette-54292777/

martedì 5 marzo 2013

Trova la sua tesi di laurea nella spazzatura a pochi giorni dalla discussione.

-->
Ho trattato più volte sulla mia pagina il problema delle tesi, che tra i vari problemi delle università e dell'istruzione in generale non è da sottovalutare. Questa volta è successo a Salerno ma credo possa accadere ovunque. Tratto ogni notizia in modo personale perché questo è un blog e quindi vi espongo qui il mio pensiero.

Scrivere una tesi è un lavoro duro, molto duro. Viviamo in un paese in cui paradossalmente si è costretti a scrivere, nella maggior parte degli atenei, due tesi una per la triennale una per la specialistica.
Alcuni di voi non ci sono arrivati ancora quindi cercherò di farvi capire in poche parole cosa vuol dire scrivere una tesi: GIRAMENTI DI COGLIONI OGNI GIORNO.

Scrivere una tesi non è come studiare per un esame. Nella maggior parte dei casi devi cercarti tu il materiale, devi andare "a caccia", scendere a compromessi con librerie e biblioteche. Personalmente sarei andato a letto con un'anziana settantenne per risparmiarmi lo stress immane di soddisfare i capricci del mio relatore. Eh già, perché se sbagli a scegliere relatori SONO CAZZI AMARI. Alcuni non hanno tempo di seguirti e ti appioppano un assistente che spesso non ha a sua volta tempo di seguirti. E allora chi cavolo mi segue? Insomma scrivere la tesi non è una passeggiata.
Se dopo tutto il travaglio di mesi e soldi spesi, trovi il tuo lavoro gettato nella spazzatura, beh allora permettetemi di essere francese : mavafangul va. Ogni copia di tesi buttata rappresenta soldi, fatica e impegno ridotti a carta straccia.

Ah dimenticavo questo è sicuramente uno dei motivi per cui si diventa :Studenti in crisi.

-->

Pinguino Pino- Parodia in versione Studente in crisi :D

-->

Ho una materia pesante che non ho mai dato
 studio impazzito sul mio libro sottolineato
son rimasto allo stesso punto da tempo remoto
ora faccio il fuoricorso e di solito studio a vuoto
speravo in una carriera da sogno ma sfortunatamente
ripeterò il mio esame illimitatamente

Sono uno studente sociale ma pur sempre animale
seguo le lezioni sulle scale mentre salgo le scale
amo fare due cose contemporaneamente
come cazzeggiare e studiare illimitatamente
Mi piace lo studio di notte col mio stile indecente
mi preparo ad un futuro senza lavoro e niente
mi piace essere sazio senza mangiare niente
perché tanto tra poco cenerò con del tonno fetente
se hai capito il concetto è perché sei intelligente
potrai cazzeggiare e studiare illimitatamente

Sono un tipo esigente mi accontento di poco
un diciotto a culo preso quasi per gioco
la mia band è grandissima sono uno studente
con cui cazzeggiare e studiare illimitatamente


-->